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5 Ago 2017

Maurizio Marini sei anni dopo

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Con grande piacere, anzi gratitudine, Eosarte ha rivevuto da Pietro di Loreto questo ricordo del fraterno amico Maurizio che ha dato per anni la sua sapiente collaborazione alla nostra testata, e che volentieri pubblichiamo.

PLP

Sono passati già sei anni dalla scomparsa, la notte del 5 agosto del 2011, di Maurizio Marini  (Roma, 1942 – 2011) stroncato da un male incurabile.
Marini è stato uno studioso come ce ne sono pochi, un uomo dalla cultura immensa, una personalità complessa, tutto sommato un individualista (forse non per scelta) polemista, antiaccademico, tanto amato ed apprezzato dagli addetti ai lavori e dagli amanti delle belle arti, quanto contrastato ed osteggiato dalle istituzioni e dalle accademie.

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Venne spesso fatto oggetto di critiche per il fatto di dedicarsi di frequente allo studio ed alle attribuzioni di opere di collezioni private, un’attività parallela a quella di scrittore d’arte, di saggista, di analista, di organizzatore di mostre di livello internazionale. Era criticato, come se fosse un demerito dedicare parte del proprio tempo pur così prezioso a studiare quanto potesse emergere dal collezionismo, a cercare di definirne i caratteri, a risalire pazientemente agli autori. Era criticato come se, al contrario, non meritasse un plauso e un riconoscimento questo impegno che, proprio perché condotto sul ruvido crinale della scientificità e del rigore, non di rado gli aveva concesso tante soddisfazioni, imponendo letteralmente l’evidenza delle sue intuizioni.
E tuttavia questa accusa di ‘compromettersi’ con il mercato –come se non fosse o non sia ancora dal mercato, dalle collezioni private, dalle aste internazionali, che emergono più frequentemente le opere più importanti- da parte di tanti che, pure, non dovrebbero certo permettersi di “scagliare la prima pietra” è comunque in netto contrasto con il metodo che Marini aveva adottato nel suo lavoro di storico dell’arte, un metodo tanto innovativo quanto convincente. Senza lasciarsi irretire nelle polemiche che per lungo tempo hanno squassato il campo della ricerca storico-artistica, tra i seguaci di questa o quella ’scuola’ (la ’scuola’ di Longhi, o di Venturi, o di altri), la sua prorompente personalità aveva imposto il metodo della lettura analitica suffragata dalla testimonianza documentaria nell’approccio critico all’opera d’arte; cioè il metodo scientifico appunto, laddove il contatto diretto con la ’materia’ stessa (i supporti, i colori, le mestiche ecc) non era affatto opzionale, al contrario, al punto da divenire quasi una prassi obbligata. Non per caso era divenuto, già molto giovane, assiduo frequentatore dello studio del grande restauratore Pico Cellini con il quale peraltro aveva condiviso importanti scoperte, relative proprio a quel Michelangelo Merisi da Caravaggio che segnerà come fosse una stimmate l’intero corso della sua successiva esistenza.
Era evidentemente un segno del destino: la dedizione verso il Caravaggio, tanto trascurato e ’fuori gusto’ allora, quanto fin troppo ’sfruttato’ al giorno d’oggi, sarebbe stato il suggello della sua esistenza. Gliene sarebbero derivati onori (molti, certamente; da ultimo quello di aver riportato alla luce, dai depositi delle Collezioni Reali Inglesi, grazie anche alla malleveria del suo amico e maestro Sir Denis Mahon, anch’egli malauguratamente scomparso appena poche settimane prima di lui, un capolavoro di Caravaggio, come la ’Vocazione dei santi Pietro e Andrea ’(fig 2) ma anche inevitabilmente oneri, compresa l’urgenza di intervenire spesso in polemica con caravaggisti maldestri ed insufficienti.
Non a caso il ponderoso volume ’Caravaggio L’iter artistico completo di uno dei massimi rivoluzionari dell’arte di tutti i tempi’ edito a Roma per i tipi della Newton Compton, nel 2005 ma in realtà frutto di un lavoro di verifica ricerca e aggiornamenti durato oltre trent’anni, è ancora oggi uno strumento utile per chiunque voglia studiare seriamente il grande genio lombardo.
Sono pochi gli studiosi che possono vantare un curriculum tanto prestigioso quanto quello di Marini, che ha ricoperto incarichi al J.Paul Getty Museum di Malibù, o al Metropolitan di New York , che ha avuto la responsabilità scientifica in mostre d’arte di importanza primaria, dalle innumerevoli in Italia, alle molte in tutta Europa, fino al Giappone e alla Russia, che ha potuto ostentare onorificenze e apprezzamenti ricevuti personalmente dal re di Spagna, Juan Carlos, o dal principe Carlo d’Inghilterra. Per non dire poi del documentario che ebbe a dedicargli dalla televisione cinese.
Uomo di profonda intelligenza e competenza, oltre che su Michelangelo Merisi e sui caravaggeschi, ha firmato saggi fondamentali su El Greco, su Velasquez e in genere sulla pittura seicentesca spagnola, ma anche su Poussin, su Mattia Preti, meritandosi peraltro la fama di conoscitore eccezionale dell’arte figurativa barocca. Ma la sua prolificità di autore di saggi di storia dell’arte è stata tale che addirittura appare impossibile darne conto, ed in effetti, il suo amore per la ricerca, per la storia dell’arte è stato viscerale.
Insomma, quello di Marini appare come il profilo di un intellettuale a tutto tondo, che aveva anche saputo mettere a frutto la sua competenza, creandosi in casa una notevole collezione di dipinti antichi, che hanno per lungo tempo costituito ragione di godimento estetico oltre che di discussione per quanti, amici e studiosi, lo andavano a trovare
E’ stato anche un polemista come dicevamo, polemista in forza della profondità della sua cultura e dei suoi studi, in forza dell’esperienza maturata, non va dimenticato, a fianco di personalità come Federico Zeri, sir Denis Mahon, Maurizio Calvesi, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Luigi Spezzaferro.

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Ma per chi, come noi, l’ha conosciuto a fondo e l’ha potuto apprezzare ed ammirare non solo come storico e critico d’arte, ma soprattutto come amico, è come se qualche volta lo potessimo rivedere o risentire, con quella tipica cadenza romanesca, invitarci ad una cena sotto casa sua o chiamarci nel suo studio per scambiare un parere su un articolo che doveva pubblicare, o su una foto di un quadro appena arrivatagli, da decrittare da studiare da cercare di attribuire da periziare. Ed in questo senso, il volume che abbiamo realizzato (fig 3) grazie al contributo sentito e partecipato di tantissimi studiosi oltre che degli amici di sempre è stato un omaggio doveroso alla sua sempre viva memoria.
Pietro di Loreto Roma 5 agosto 2017